Legalizzazione; il modello spagnolo da non imitare

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La coltivazione di Canapa in Italia è legale solo per certi tipi di varietà che garantiscono la presenza di THC in parti inferiori allo 0.6%. Si tratta della cosiddetta Canapa industriale che si coltiva appunto per fini di trasformazione alimentare, edile, tessile ed altri settori industriali. A fine 2016 è stata approvata la legge quadro per la filera della Canapa che definisce i termini e le varietà consentite.

La discussione sulla legalizzazione di tutte le varietà di Canapa è molto accesa ed aperta in particolare l’uso medico e ricreativo. Fatti recenti di cronaca hanno riacceso la discussione parlamentare e oggi si sente parlare di Marijuana in ogni trasmissione televisiva, giornale e social, addirittura una puntata di “Un posto al Sole”…

Con questo articolo proviamo a fare luce sui principali modelli di legalizzazione che si propongono come valide alternative partendo da un semplice principio che forse ancora tutti non hanno capito: Canapa, marijuana, cannabis, weed, motta, ganja, indica, sativa o altri mille modi di chiamarla, sono in realtà sempre la stessa pianta, l’unica distinzione per considerarla legale o illegale è appunto la quantità di principio attivo THC contenuto, se supera 0,6% attualmente è illegale.

Ora, perché Canapa delle Marche si interessa a questa legge? non ci sono già abbastanza contributi politici e personali?

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La risposta è che oggi la canapa è legalizzata in ogni sua forma in diversi stati e con diverse modalità. I più recenti casi di legalizzazione riguardano gli USA e la Spagna, il primo rivolto alla creazione di un business, il secondo rivolto all’auto produzione.cannabis-club-barcellona

Purtroppo, per quanto utopicamente sia bello l’autoproduzione, il modello spagnolo ha compromesso definitivamente lo sviluppo del settore industriale della Canapa.  Quindi, a prescindere che siamo favorevoli alla legalizzazione della Canapa in ogni sua forma ed uso, che rispettiamo e promuoviamo l’attività che attualmente viene svolta dagli esponenti politici che promuovono la legalizzazione, siamo anche consci che il discorso ci riguarda molto da vicino.

La proposta di legge italiana propone l’auto coltivazione a fini terapeutici o ricreativi fino ad un massimo di 5 piante e la detenzione di marijuana fino a 15 grammi, limiti che possono essere alzati se si partecipa alla attività di gruppi o “Club”.

Questa proposta rispecchia il modello spagnolo che già da diversi anni ha dato la possibilità di creare associazioni di consumatori di Canapa a fini ricreativi, all’interno di cui è possibile coltivare e consumare canapa liberamente.

Li abbiamo visitati i famosi “Cannabis Social Club“, abbiamo conosciuto un italiano che vive a Barcellona e ne gestisce 3.barcelona low

L’intento dell’incontro era cercare di proporre i nostri prodotti, olio e farina e altri derivati alimentari, in un mercato che consideravamo pronto e maturo, per lo meno, più di quello nazionale.

L’esperienza è stata negativa, nonostante l’impegno di preparare diversi aperitivi  e dimostrazioni ben fatte, nonostante l’esperienza maturata nel settore e la conoscenza dell’inglese, nonostante il proposito di non accettare inviti a fumare per non compromettere la serata, il riscontro e l’interesse sono stati pressochè nulli, nessuno aveva la minima idea che la canapa poteva essere mangiata o vestita, nessuno sapeva che dal seme si possono fare olio farina, nessuno immaginava un utilizzo della Canapa diverso dallo sballo.

Questa regola vale anche per gli addetti al settore, come coltivatori e gestori… Buffo è stato il confronto con un produttore di hashish, dopo varie decine di minuti di discussione il paradosso è stato inevitabile, noi prendiamo il seme dalla pianta e buttiamo i fiori, lui fa assolutamente il contrario e sta cosa era incomprensibile senza soluzione di uscita.

Inoltre la legge spagnola fa acqua da tutte le parti, già considerare che si possono coltivare 5 piante che potenzialmente producono diversi etti di fiore, però la legge impone un massimo di 15 grammi di detenzione… ed il resto va buttato?

Riguardo la gestione dei club, essendo una associazione non dovrebbe essere intrapresa alcuna attività commerciale, i soci dovrebbero essere attivi alla coltivazione ed allo scambio di canapa, invece in realtà c’è un chiaro spaccio con varietà disponibili e prezzario.marijuana-spagna

I soci fanno parte dei club solo per acquistare qualche buon grammo di erba senza avere alcun interesse a quello che sta dietro. I gestori infatti, si occupano di reperire la materia prima da coltivatori (abusivi in termini di quantità di piante coltivate) di trasportare diversi etti per giorno (fuori legge) nei vari Club e infine di rivendere ai consumatori detti “Soci” senza nessuna regola fiscale (tutto in nero).

Questi ambienti, purtroppo, sono visti dall’esterno come club privati e dove avvengono cose da cui è meglio starne lontani, un po come un nigt erotico, inoltre non si fa cultura di nessun genere, le associazioni tendono a non promuovere mai all’esterno le proprie attività, tendono a ricercare un target esclusivamente legato allo sballo e navigano sempre nel limite del legale sia in termini di approvvigionamenti e quantità, sia in termini di spaccio di altre droghe che a volte avviene all’interno dei club. Questa realtà borderline è provata da numerosi arresti e chiusure forzate di CannabiSocialClub.
Questo genera la più completa ignoranza per il campo alimentare, chi va nei club per fumare non sa assolutamente niente della canapa industriale, chi non fuma sta lontano dall’ambiente in generale. Gli stessi coltivatori e fornitori dei club non hanno alcuna idea dell’esistenza di varietà a basso contenuto di thc.
Il mercato di canapa alimentare di conseguenza è limitatissimo e come si prova a spiegarne le virtù passa prima il messaggio di droga, di cosa che fa male.
Il tutto è confermato dal fatto che nella fiera della canapa di Barcellona (Spanabis), non c’è niente di alimentare, tessile o edile, niente di canapa industriale. La fiera è interamente gestita dal settore da para/illegale che è già pronto commercialmente ad invadere qualsiasi mercato come già accade negli eventi italiani di Roma e Bologna.
Il modello americano, già intrapreso in 8 stati, invece non contempla1439029951-negozio-denver-14 associazioni o club ma prende la via del business, semplicemente dando licenze per la coltivazione e vendita di Marijuana ad esercizi predisposti e che abbiamo le giuste caratteristiche. Inoltre la legge prevede che il privato possa coltivare per uso personale fino a sei piante in casa propria, e tenersi in tasca 1 oncia (28,35 grammi) di erba da fumare, oppure il privato può coltivare canapa (in California addirittura 99 piante) per rivendere il prodotto alle farmacie specializzate.   Il successo di questo modello si riscontra soprattutto in termini monetari, un nuovo settore che in pochissimo tempo ha creato tanti posti di lavoro, ha generato ricchezza e introito per lo stato in termini di tasse. Inoltre l’azione commerciale privata ha fatto si che la comunicazione fosse rivolta ad un pubblico ampio, sfruttando le caratteristiche benefiche dei principi attivi e quindi valorizzando l’aspetto salutare dell’uso di Canapa che ha avuto notevoli riscontri anche nel settore alimentare ed industriale.
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Infatti in America il settore di Canapa industriale ha avuto un notevole incremento già dalle prime legalizzazioni avvenute in Colorado e Washington che hanno giocato a favore di una forte espansione della cultura salutare collegata alla Canapa. Con la legalizzazione è passato il messaggio che la Canapa fa bene, in ogni forma, quindi anche l’alimentare ne ha goduto soprattutto negli stati dove ancora non è legale ma è tollerato l’uso. Olio di canapa e soprattutto seme decorticato sono diventati alimenti quotidiani proposti anche ai bambini e decantati per qualità nutrizionali e salutari.
Purtroppo però sia il modello americano che quello spagnolo non affrontano una questione fondamentale. L’uso ricreativo di canapa è sempre e comunque vietata ai minori di 18 anni, quindi si lascia il segmento di popolazione più a rischio nelle mani del traffico illegale con tutti i rischi che ne conseguono.

La valutazione degli impatti che la legalizzazione può avere sul settore canapa industriale dovrebbe essere tema di discussione visto l’emergere di questo settore ed il possibile sviluppo in termini di lavoro, benessere e ricchezza. Questa discussione invece non esiste, nessuno si preoccupa degli impatti negativi che il modello spagnolo ha realmente in termini culturali nei confronti della canapa. Ripeto che siamo favorevoli alla legalizzazione della Canapa in ogni sua forma ed uso, convinti che i benefici che si possano trarre da questa pianta siano infiniti e che i rischi siano nulli, ma la scelta sbagliata di una possibile legalizzazione potrebbe compromettere tutto il settore solo a vantaggio di pochi, se poi deve essere Un posto al Sole a fare cultura in questo argomento vuol dire che siamo veramente messi male.

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